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sabato 31 maggio 2014

Africa

Africa, Africa
Madre, Terra
Mia culla,
Mio seno
Mio nutrimento
Mio equilibrio
Mia disperazione
Mia gioia e mio dolore
Senza riposo
Senza pace
Conosci la folla
Ami la solitudine
Vestita di silenzi
Lasci i tuoi figli
Vagare nei deserti
Perdersi nelle savane
Fuggire da te
Ma desiderare solo te.
 (2 Febbraio 2014)

Racconto per concorso Unar: Diverso sarò Io!

La vita non è una partita a dadi

La vita non è un gioco a dadi, se per questo nemmeno una partita di carte. Non si possono scegliere le carte altrimenti ognuno potrebbe scegliere le carte giuste per una scala reale o per un poker d'assi.  No, nella vita non accade così: prendi quello che ti capita e cerchi di giocare il meglio che puoi, qualche volta vinci, a volte vai in pareggio, altre puoi perdere una mano. Tutto sta nel non arrendersi, non importa quali carte hai in mano.
Questa è la mia storia. A vedermi, uno potrebbe pensare che mi sia capitata una brutta mano da giocare.  Molti anni  fa, durante un viaggio in Canada, una donna mi disse che io, donna, nera e disabile per di più, incarnavo tre delle minoranze in una persona sola! In breve mi disse che ero davvero sfortunata! Me lo disse con una nochalance incredibile, nemmeno mi conosceva, non sapeva nulla di me e mi diede della jellata davanti a tutti.
Ecco cosa avreste fatto al mio posto? Vi sareste arresi, passato la mano? Rinunciato a continuare la partita della vita?
Io no. Certo all'inizio rimasi interdetta, stupita a quelle parole, poi però mi sono tirata su, schiena dritta e mi sono detta che quelle tre caratteristiche non erano difetti, ostacoli, ma la mia forza, le mie prerogative! Quello che lei etichettava come difficoltà insormontabili, erano parte di me e non potevo certo nascondermi dietro un dito e far finta che non ci fossero.
Questo ovviamente lo avrei scoperto più tardi, col tempo. Ero ancora giovane per capire quello che ho compreso molto dopo. Sicuramente non lo puoi capire da bambina: quando sei bambina ti senti solo tale, non hai voce in capitolo su nulla, poi se nasci femmina e in un paese dove i figli maschi sono quelli più importanti... beh, non vali granchè! Se a questo aggiungi che, ad appena un anno la polio ti colpisce e ti lascia debole e incapace di camminare, la tua partita della vita sembra persa in partenza!
Per fortuna non sempre tutto è perduto così presto, soprattutto se hai una madre che ti ama davvero e farebbe tutto per te: come credere in te, ad esempio, anche se tutti la compatiscono perchè ha una figlia inferma, zoppa, inabile, secondo il loro punto di vista, ad affrontare la vita.
La fortuna o quel sottile perverso gioco dei dadi, continua e tua mamma decide di portarti via da quella madre terra che ti ha visto nascere, ma non ti vedrà mai crescere. 
Ti porta in una terra matrigna, che avrà diverse difficoltà ad accoglierti, ma lì cresci, riesci ad alzarti in piedi attraverso cure e tutori alle gambe; impari una nuova lingua che per te e' la lingua; studi, conosci gente, amici, alcuni li perdi altri li guadagni e rimangono molto tempo nella tua vita; vieni amata e discriminata, elogiata e insultata. e in questo altalenante amore e razzismo, diventi una donna. Non sai bene come nè perchè, ma diventi una donna forte, non molto determinata ma perseverante, che si regge dritta in piedi, a parte la curva a doppia S della tua colonna vertebrale, e abbastanza sicura sulle sue stampelle.
Ma per arrivare a diventare quella che sono oggi, ce n'è voluto di tempo, di dolori, di difficoltà da affrontare e superare. Non si è diversi dagli altri solo perchè si viene da un paese differente, si ha un colore di pelle differente, una famiglia diversa ed allargata, tradizioni e costumi diversi. No, non è così, quella è la parte semplice, perchè lo sai di essere diversa in quel senso, o per lo meno nessuno evita di fartelo notare. La parte più grave è sentirsi differenti nella propria famiglia. A parte la crisi dell'adolescenza, quando non sai chi sei, nè in famiglia, nè a scuola nè tantomeno in mezzo ai  tuoi compagni di classe; quando non sai qual è il tuo posto nel mondo, figuriamoci in un gruppo di adolescenti che ti guardano come un pezzo di carbone in mezzo ad un manto di neve, e, per quanto tu faccia per passare inosservata, sei come sotto un gigantesco riflettore sempre puntato su di te; la tua ardua partita di carte viene giocata anche in famiglia. Ben presto ti senti un paria anche lì: dopo anni di collegio, lontano dalla famiglia, hai perso qualsiasi legame con la lingua, i costumi e le tradizioni del tuo paese natio. Hai difficoltà a parlare con parenti e conoscenti che si rivolgono a te in una lingua ormai perduta nei meandri di una memoria in decomposizione. 
Ti ritrovi così di non sapere più cosa sia l'appartenenza, anzi di non averla mai conosciuta. E' solo una parola e nulla più, che molti usano come ancora di salvezza, come salvagente perchè altrimenti si sentirebbero annegare nel nulla, nel vuoto dell'essere. Per molti anni ti sentirai così, persa, incerta e non saprai dove collocarti. Saranno gli altri a farlo per te: chi ti ama o pensa di volerti bene, ti dirà che sei italiana come loro, hai vissuto tutta la tua vita in Italia, come non puoi non esserlo? Ma è una bugia, è un inganno a loro stessi, perchè hanno bisogno di darti un posto altrimenti rimani un quadro vuoto, un'immagine falsa e loro non possono proprio sopportare quel vuoto, quell'etichetta mancante.
Oppure cercano di non vedere le tue difficoltà fisiche, non ho mai capito se per sensibilità o per il solito imbarazzo nascosto. Ma il fatto di avere le stampelle, di non poter percorrere chilometri con gli altri o passeggiare semplicemente per molto tempo; di avere insomma una mobilità limitata, l'ho vissuta come una situazione naturale per me; facendo presente con leggera spontaneità quali erano i miei limiti, come colui che non sa andare in bicicletta perchè non ha mai imparato, o scalare una montagna o nuotare.
L'importante è avere consapevolezza dei propri limiti: non sono le mie stampelle o la mia carrozzina che mi aiuta da qualche anno, a limitarmi. Per molto tempo, ad esempio, sono stati i miei denti che una brava odontotecnica mi ha raddrizzato o le braccia troppo grosse o il fatto che non sono molto alta e, mannaggia, non posso nemmeno mettere i tacchi per ovviare a questo inconveniente!
La mia dis-abilità è un problema maggiore per gli altri che non comprendono che ci sono cose che so fare e posso fare e altre nelle quali ho bisogno di aiuto, ciò non vuol dire che io non abbia la mia autonomia e la mia libertà.
I familiari, anche, d'altro canto, sono bramosi di possederti, orgogliosi dell'essere somali, non potranno fare altro che rimproverarti perchè hai dimenticato la tua lingua, i tuoi costumi... cosa c'è che non va in te? Non hai un minimo di orgoglio patriottico? Non ami la terra che ti ha visto nascere?
Col passare degli anni, ti accorgi che sei stanca di accontentarti delle definizioni altrui. Ti accorgi che questo moto di ribellione lo hai avuto sempre dentro di te, fin da ragazzina, quando, se incontravi un somalo e ti chiedeva di quale tribù eri, tu rispondevi che eri somala e basta. E allora ai loro occhi diventavi un'aliena, uno spirito maligno. 
La tua esistenza è stata sempre una continua partita con carte scambiate, una partita che non finisce mai; c'è sempre qualcuno che si intrufola e ti sbaraglia le carte, ti confonde, ti illude, gioca con te e poi ti lascia lì.
Ad un certo punto della vita, dopo qualche mano sfortunata, incontri l'amore. L'unica persona che ti prende per quello che sei, che non ha bisogno di collocarti da qualche parte, di darti un'etichetta. Ti ascolta, accetta i tuoi difetti, ti rassicura, ti fa sentire la persona che sei, ti aiuta a farla uscire bene fuori, nonostante le incertezze, le paure, i pregiudizi che ti sei creata con l'aiuto degli altri. Ti accorgi che non sei così male, che puoi volerti bene e accettarti con le tue discrepanze, i tuoi dubbi, e vuoi essere te stessa per lui. Una te stessa con le gambe deboli, la schiena dolorante, le stampelle che cadono sempre, la carrozzina con le ruote da gonfiare ogni volta; quella carrozzina troppo bassa per lui da spingere, ma che fa lo stesso, perchè anche quelle due ruote fanno parte di te, come anche la tua pelle color cioccolata che spicca così tanto quando siete insieme, come i biscotti Ringo alla vaniglia, lui così nordico che a volte vi scambiano per turisti nella vostra stessa Italia!
Ecco, ora la tua partita a carte può continuare, perchè le tue carte non sono per niente male. In fondo è solo una partita e non si può perdere solo perchè qualche mano non è così fortunata!


martedì 6 maggio 2014

Ali perse

Distratti dalle ali di libellule perse/
 inondati dai raggi del sole/
 sediamo all'aperto/ 
aspettando che il giorno conti le sue ore/ 
senza il nostro aiuto/ 
sorridiamo a noi stesse/ 
allontanandoci dal tempo / 
quasi immobile su se stesso.