La vita non è una partita a dadi
La vita non è un gioco a dadi, se per questo
nemmeno una partita di carte. Non si possono scegliere le carte
altrimenti ognuno potrebbe scegliere le carte giuste per una scala
reale o per un poker d'assi. No, nella vita non accade così:
prendi quello che ti capita e cerchi di giocare il meglio che puoi,
qualche volta vinci, a volte vai in pareggio, altre puoi perdere una
mano. Tutto sta nel non arrendersi, non importa quali carte hai in
mano.
Questa è la mia storia. A vedermi, uno potrebbe
pensare che mi sia capitata una brutta mano da giocare. Molti
anni fa, durante un viaggio in Canada, una donna mi disse che
io, donna, nera e disabile per di più, incarnavo tre delle minoranze
in una persona sola! In breve mi disse che ero davvero sfortunata! Me
lo disse con una nochalance incredibile, nemmeno mi conosceva, non
sapeva nulla di me e mi diede della jellata davanti a tutti.
Ecco cosa avreste fatto al mio posto? Vi sareste
arresi, passato la mano? Rinunciato a continuare la partita della
vita?
Io no. Certo all'inizio rimasi interdetta, stupita a
quelle parole, poi però mi sono tirata su, schiena dritta e mi sono
detta che quelle tre caratteristiche non erano difetti, ostacoli, ma
la mia forza, le mie prerogative! Quello che lei etichettava come
difficoltà insormontabili, erano parte di me e non potevo certo
nascondermi dietro un dito e far finta che non ci fossero.
Questo ovviamente lo avrei scoperto più tardi, col
tempo. Ero ancora giovane per capire quello che ho compreso molto
dopo. Sicuramente non lo puoi capire da bambina: quando sei bambina
ti senti solo tale, non hai voce in capitolo su nulla, poi se nasci
femmina e in un paese dove i figli maschi sono quelli più
importanti... beh, non vali granchè! Se a questo aggiungi che, ad
appena un anno la polio ti colpisce e ti lascia debole e incapace di
camminare, la tua partita della vita sembra persa in partenza!
Per fortuna non sempre tutto è perduto così
presto, soprattutto se hai una madre che ti ama davvero e farebbe
tutto per te: come credere in te, ad esempio, anche se tutti la
compatiscono perchè ha una figlia inferma, zoppa, inabile, secondo
il loro punto di vista, ad affrontare la vita.
La fortuna o quel sottile perverso gioco dei dadi,
continua e tua mamma decide di portarti via da quella madre terra che
ti ha visto nascere, ma non ti vedrà mai crescere.
Ti porta in una terra matrigna, che avrà diverse
difficoltà ad accoglierti, ma lì cresci, riesci ad alzarti in piedi
attraverso cure e tutori alle gambe; impari una nuova lingua che per
te e' la lingua; studi, conosci gente, amici, alcuni li perdi
altri li guadagni e rimangono molto tempo nella tua vita; vieni amata
e discriminata, elogiata e insultata. e in questo altalenante amore e
razzismo, diventi una donna. Non sai bene come nè perchè, ma
diventi una donna forte, non molto determinata ma perseverante, che
si regge dritta in piedi, a parte la curva a doppia S della tua
colonna vertebrale, e abbastanza sicura sulle sue stampelle.
Ma per arrivare a diventare quella che sono oggi, ce
n'è voluto di tempo, di dolori, di difficoltà da affrontare e
superare. Non si è diversi dagli altri solo perchè si viene da un
paese differente, si ha un colore di pelle differente, una famiglia
diversa ed allargata, tradizioni e costumi diversi. No, non è così,
quella è la parte semplice, perchè lo sai di essere diversa in quel
senso, o per lo meno nessuno evita di fartelo notare. La parte più
grave è sentirsi differenti nella propria famiglia. A parte la crisi
dell'adolescenza, quando non sai chi sei, nè in famiglia, nè a
scuola nè tantomeno in mezzo ai tuoi compagni di classe;
quando non sai qual è il tuo posto nel mondo, figuriamoci in un
gruppo di adolescenti che ti guardano come un pezzo di carbone in
mezzo ad un manto di neve, e, per quanto tu faccia per passare
inosservata, sei come sotto un gigantesco riflettore sempre puntato
su di te; la tua ardua partita di carte viene giocata anche in
famiglia. Ben presto ti senti un paria anche lì: dopo anni di
collegio, lontano dalla famiglia, hai perso qualsiasi legame con la
lingua, i costumi e le tradizioni del tuo paese natio. Hai difficoltà
a parlare con parenti e conoscenti che si rivolgono a te in una
lingua ormai perduta nei meandri di una memoria in decomposizione.
Ti ritrovi così di non sapere più cosa sia
l'appartenenza, anzi di non averla mai conosciuta. E' solo una parola
e nulla più, che molti usano come ancora di salvezza, come
salvagente perchè altrimenti si sentirebbero annegare nel nulla, nel
vuoto dell'essere. Per molti anni ti sentirai così, persa, incerta e
non saprai dove collocarti. Saranno gli altri a farlo per te: chi ti
ama o pensa di volerti bene, ti dirà che sei italiana come loro, hai
vissuto tutta la tua vita in Italia, come non puoi non esserlo? Ma è
una bugia, è un inganno a loro stessi, perchè hanno bisogno di
darti un posto altrimenti rimani un quadro vuoto, un'immagine falsa e
loro non possono proprio sopportare quel vuoto, quell'etichetta
mancante.
Oppure cercano di non vedere le tue difficoltà
fisiche, non ho mai capito se per sensibilità o per il solito
imbarazzo nascosto. Ma il fatto di avere le stampelle, di non poter
percorrere chilometri con gli altri o passeggiare semplicemente per
molto tempo; di avere insomma una mobilità limitata, l'ho vissuta
come una situazione naturale per me; facendo presente con leggera
spontaneità quali erano i miei limiti, come colui che non sa andare
in bicicletta perchè non ha mai imparato, o scalare una montagna o
nuotare.
L'importante è avere consapevolezza dei propri
limiti: non sono le mie stampelle o la mia carrozzina che mi aiuta da
qualche anno, a limitarmi. Per molto tempo, ad esempio, sono stati i
miei denti che una brava odontotecnica mi ha raddrizzato o le braccia
troppo grosse o il fatto che non sono molto alta e, mannaggia, non
posso nemmeno mettere i tacchi per ovviare a questo inconveniente!
La mia dis-abilità è un problema maggiore per gli
altri che non comprendono che ci sono cose che so fare e posso fare e
altre nelle quali ho bisogno di aiuto, ciò non vuol dire che io non
abbia la mia autonomia e la mia libertà.
I familiari, anche, d'altro canto, sono bramosi di
possederti, orgogliosi dell'essere somali, non potranno fare altro
che rimproverarti perchè hai dimenticato la tua lingua, i tuoi
costumi... cosa c'è che non va in te? Non hai un minimo di orgoglio
patriottico? Non ami la terra che ti ha visto nascere?
Col passare degli anni, ti accorgi che sei stanca di
accontentarti delle definizioni altrui. Ti accorgi che questo moto di
ribellione lo hai avuto sempre dentro di te, fin da ragazzina,
quando, se incontravi un somalo e ti chiedeva di quale tribù eri, tu
rispondevi che eri somala e basta. E allora ai loro occhi diventavi
un'aliena, uno spirito maligno.
La tua esistenza è stata sempre una continua
partita con carte scambiate, una partita che non finisce mai; c'è
sempre qualcuno che si intrufola e ti sbaraglia le carte, ti
confonde, ti illude, gioca con te e poi ti lascia lì.
Ad un certo punto della vita, dopo qualche mano
sfortunata, incontri l'amore. L'unica persona che ti prende per
quello che sei, che non ha bisogno di collocarti da qualche parte, di
darti un'etichetta. Ti ascolta, accetta i tuoi difetti, ti rassicura,
ti fa sentire la persona che sei, ti aiuta a farla uscire bene fuori,
nonostante le incertezze, le paure, i pregiudizi che ti sei creata
con l'aiuto degli altri. Ti accorgi che non sei così male, che puoi
volerti bene e accettarti con le tue discrepanze, i tuoi dubbi, e
vuoi essere te stessa per lui. Una te stessa con le gambe deboli, la
schiena dolorante, le stampelle che cadono sempre, la carrozzina con
le ruote da gonfiare ogni volta; quella carrozzina troppo bassa per
lui da spingere, ma che fa lo stesso, perchè anche quelle due ruote
fanno parte di te, come anche la tua pelle color cioccolata che
spicca così tanto quando siete insieme, come i biscotti Ringo alla
vaniglia, lui così nordico che a volte vi scambiano per turisti
nella vostra stessa Italia!
Ecco, ora la tua partita a carte può continuare,
perchè le tue carte non sono per niente male. In fondo è solo una
partita e non si può perdere solo perchè qualche mano non è così
fortunata!